Ha mollato tutto per inseguire un sogno liquido: scoprire il vino più vero d’Italia. Dalle Langhe all’Etna, tra bottiglie che raccontano il territorio meglio di una guida turistica. E se avesse avuto ragione lui?
È successo così, senza preavviso. Un giorno mi scrive: “Mi prendo due mesi di aspettativa. Devo scoprire se l’Italia sa ancora fare il vino come Dio comanda”.
Pensavo che il mio amico Paolo scherzasse, come quando parla di invecchiare in un casale delle Langhe o aprire un’enoteca in riva al mare. Invece aveva già prenotato. Un viaggio lento, a tappe, regione per regione. Con una sola regola: ogni tappa, un vino. Ma di quelli veri, che raccontano il territorio prima ancora di farsi bere.
Quando è tornato – o meglio, quando ha fatto scalo nella nostra città per “far respirare la valigia” – ho preteso il racconto. Mi sono segnato tutto. E adesso ve lo passo, magari può tornare utile anche a voi, che magari volete fare un weekend diverso e non avete ancora capito dove andare.
Ha cominciato dal Piemonte, tra le nebbie delle Langhe, dove il Barolo sembra più una devozione che una bevanda. Le cantine al mattino, mi ha detto, “parlano”, ma a bassa voce. Poi è salito in Franciacorta: bollicine educate, silenzi pieni, ville dove si brinda sottovoce e tutto profuma di eleganza sommessa.
In Valpolicella ha incontrato l’Amarone e il Ripasso, che ha definito “abbracci liquidi”, ma soprattutto ha ascoltato i racconti dei vignaioli, con la stessa attenzione che si riserva a un parente stretto. In Toscana, tra Chianti Classico e Bolgheri, il vino è bellezza a cielo aperto: ha fatto una degustazione vista mare mangiando pane e lardo e lì ha pensato seriamente di non tornare più.
L’Umbria l’ha stregato con il Sagrantino: vino scuro, denso, come la gente che ti studia prima di offrirti tutto. Montefalco è stato una folgorazione.
Poi è arrivato il Sud, e lì il viaggio è cambiato tono. In Irpinia il vino si racconta nelle cucine, tra nonne e cantine scavate nella roccia. Il Taurasi l’ha colpito al cuore. Sull’Etna, invece, ha trovato un vino che sa di lava e vento. “È Marte, ma con le vigne”, mi ha detto, mentre descriveva una degustazione davanti a un cratere attivo.
E forse aveva ragione lui: l’Italia si scopre anche così. Con un bicchiere in mano e la voglia di perdersi, senza un itinerario preciso ma con l’istinto giusto. E un po’ di fame, sempre. Di vino, e non solo.
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